L’Università di Pisa stila la classifica dei migliori calici da rosso. Lo studio pubblicato sul “CyTA: Journal of Food”. I peggiori? Il calice standard tipo Iso e il gran balloon.
Per la prima volta una ricerca dell’Università di Pisa ha stilato la classifica dei migliori calici da rosso. Lo studio è stato realizzato da un gruppo di tecnologi alimentari del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali coordinato da Francesca Venturi e Angela Zinnai. La ricerca, durata sei mesi e pubblicata sulla rivista specializzata CyTA:Journal of Food, si è basata su valutazioni sensoriali, analisi chimico–fisiche e caratterizzazione morfologica dei bicchieri. “Dopo aver messo alla prova sei tipi di calici della linea Premium con un vino ‘rosso strutturato’” spiega Francesca Venturi “il migliore è risultato un modello tipo tronco conico, mentre la maglia nera è andata a quello che normalmente si definisce come gran balloon e al calice da degustazione standard, tipo Iso, di dimensioni più piccole, che è stato penalizzato soprattutto per la sua scarsa capacità di favorire le interazioni tra vino e ambiente di degustazione”.
Le valutazioni sensoriali (quadro visivo, olfattivo/aromatico e gustativo) sono state condotte da un panel di 10 esperti ai quali è stato contemporaneamente proposto il vino in tutti calici, a intervalli di 40 minuti, per un periodo di tempo ritenuto compatibile con la durata di un pasto (120 minuti). Parallelamente, alle prove sensoriali, per completare il quadro analitico e rendere più oggettivi i risultati ottenuti, i ricercatori hanno valutato l’andamento di una serie di parametri chimico-fisici, in funzione del tempo di permanenza del vino nel singolo calice, cioè il profilo di ossigenazione, gli indici di colore, il profilo antocianico, l’evoluzione della concentrazione di SO2, ecc.. Infine, è stata effettuata una caratterizzazione morfologica dei diversi bicchieri, basata sulla combinazione dei principali parametri geometrici con lo scopo di ottenere alcuni indici utili nella definizione dell’evoluzione caratteristiche del vino, ad esempio il rapporto fra volume dello spazio di testa e volume totale, tra superficie del pelo del liquido e superficie di bocca e, ancora, superficie del pelo del liquido e volume del liquido.
“Nonostante il bicchiere sia il mezzo con cui il vino comunica con il degustatore” conclude Venturi “le informazioni scientifiche in grado di evidenziare le modalità con cui si realizza quest’interazione sono scarse per cui, ancora oggi, la scelta di un calice è legata sostanzialmente alla consuetudine o all’impatto visivo del bicchiere, senza considerare la definizione del profilo organolettico del prodotto in esso contenuto anche quando il suo costo d’acquisto raggiunge cifre ragguardevoli”.
Dopo questo lavoro (cofinanziato dalla Bormioli Rocco e figli), il gruppo di ricerca dell’Ateneo pisano sta lavorando a uno studio comparato sul vino rosato. Assieme ad alcuni ricercatori del Dipartimento di ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, si punta a realizzare una rete di competenze per rispondere alle attuali esigenze delle industrie più avanzate del vino. Ad esempio, l’uso di materiali alternativi al vetro o geometrie dei calici più adatte ai diversi prodotti.
Le valutazioni sensoriali (quadro visivo, olfattivo/aromatico e gustativo) sono state condotte da un panel di 10 esperti ai quali è stato contemporaneamente proposto il vino in tutti calici, a intervalli di 40 minuti, per un periodo di tempo ritenuto compatibile con la durata di un pasto (120 minuti). Parallelamente, alle prove sensoriali, per completare il quadro analitico e rendere più oggettivi i risultati ottenuti, i ricercatori hanno valutato l’andamento di una serie di parametri chimico-fisici, in funzione del tempo di permanenza del vino nel singolo calice, cioè il profilo di ossigenazione, gli indici di colore, il profilo antocianico, l’evoluzione della concentrazione di SO2, ecc.. Infine, è stata effettuata una caratterizzazione morfologica dei diversi bicchieri, basata sulla combinazione dei principali parametri geometrici con lo scopo di ottenere alcuni indici utili nella definizione dell’evoluzione caratteristiche del vino, ad esempio il rapporto fra volume dello spazio di testa e volume totale, tra superficie del pelo del liquido e superficie di bocca e, ancora, superficie del pelo del liquido e volume del liquido.
“Nonostante il bicchiere sia il mezzo con cui il vino comunica con il degustatore” conclude Venturi “le informazioni scientifiche in grado di evidenziare le modalità con cui si realizza quest’interazione sono scarse per cui, ancora oggi, la scelta di un calice è legata sostanzialmente alla consuetudine o all’impatto visivo del bicchiere, senza considerare la definizione del profilo organolettico del prodotto in esso contenuto anche quando il suo costo d’acquisto raggiunge cifre ragguardevoli”.
Dopo questo lavoro (cofinanziato dalla Bormioli Rocco e figli), il gruppo di ricerca dell’Ateneo pisano sta lavorando a uno studio comparato sul vino rosato. Assieme ad alcuni ricercatori del Dipartimento di ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, si punta a realizzare una rete di competenze per rispondere alle attuali esigenze delle industrie più avanzate del vino. Ad esempio, l’uso di materiali alternativi al vetro o geometrie dei calici più adatte ai diversi prodotti.