Pietro Rocchelli: strategie per vino italiano nel mercato globale

Per approfondire lo scenario e le prospettive delle aziende vinicole italiane di fronte ad un mercato sempre più globale e connesso, grazie anche ad internet e ai social network, abbiamo riportato l’intervista a cura di Lorenzo Durigon ad uno dei massimi esperti di marketing e comunicazione in Italia, Pietro Rocchelli, titolare dell’agenzia milanese Maurizio Rocchelli che da oltre trent’anni supporta le aziende vinicole e alimentari nella gestione commerciale e del marketing.

Dott. Rocchelli, lei lavora per una delle prime e più importanti agenzie di marketing italiane. Come è cambiato il modo di fare comunicazione nel mondo del vino negli ultimi anni?
Negli ultimi anni si è diffusa presso le aziende vitivinicole la consapevolezza dell’importanza della comunicazione. Prima, anche grazie a condizioni di mercato più favorevoli e meno selettive, non si sentiva lo stesso bisogno di comunicare. Oggi sono sempre di più le Cantine che desiderano farsi conoscere, far sapere quello che fanno, come lo fanno e perché. Far sapere cioè il loro modo e ragione di essere. Per quanto riguarda le modalità della comunicazione, oggi è importante saper agire sui meccanismi di accredito, attivare il passaparola qualificato, innescare i circuiti virtuosi del tipo questo vino me lo hanno consigliato persone esperte e affidabili oppure ho scoperto un vino e una cantina davvero eccezionali che siamo in pochi a conoscere!! Insomma: per molti ma non per tutti…

Secondo la sua esperienza, la tecnologia che importanza riveste attualmente nelle strategie di marketing delle singole aziende? Quali saranno le tendenze del futuro e il ruolo dei social network?
I social network sono i mezzi ideali per innescare quei meccanismi di cui parlavo: il cosiddetto marketing del passaparola funziona soprattutto grazie al web.

La storia ci insegna che attraversiamo delle fasi “evolutive” in cui ogni generazione manifesta delle esigenze diverse. Anche il vino è cambiato molto nel corso degli anni, secondo lei si può riuscire a conciliare l’espressione del territorio con le tendenze richieste dal mercato?

È la grande sfida del futuro in particolare per paesi, come l’Italia, ricchi di molte e diverse tradizioni vinicole legate appunto a molti e diversi territori. È insomma la sfida tra la tendenza alla banalizzazione fatalmente espressa dai paesi di più recente tradizione che cavalcano i soliti 4 o 5 vitigni internazionali e quei paesi, Italia in testa, che cercano di valorizzare e proporre le proprie tipicità. Personalmente credo che ci sia già ora e ci sarà sempre più una domanda di pluralità di vini: non ci si può accontentare sempre e solo di Pinot Grigio, Sauvignon, Merlot e Syrah. Anche chi si è avvicinato da poco al vino dopo qualche tempo va interessato e mantenuto coinvolto con una proposta appunto plurale sia in termini di prezzo che di varietà. In questo sicuramente l’Italia ha dei vantaggi grazie ai molti territori che esprimono diverse tipi di vini, di contro è difficile aggredire nuovi mercati con offerte troppo frammentate e complesse. Si deve iniziare con la semplicità e educare progressivamente il mercato sino ad accogliere complessità e, appunto, pluralità.

Quali sono i valori del vino italiano riconosciuti a livello internazionale e su quali fattori devono puntare le nostre aziende per esportare il proprio vino nel mondo?
Il nostro punto di forza, le molte tipicità che possiamo esprimere, sono anche il nostro punto di debolezza: eccessiva complessità e frammentazione della proposta. Occorre saper educare, informare e far crescere gradualmente la domanda. E poi è sempre la solita storia: grandi casi di successo prevalentemente individuali e costruiti attorno ad aziende singole che si costruiscono la loro storia di successo da free rider. Non c’è sistema, non c’è fronte unico.

Quanto è importante il prezzo per il consumatore come criterio di scelta?
Se parliamo di consumatore medio il prezzo è fondamentale e sempre nei primissimi posti della gerarchia: è la prima o seconda area di attenzione per discriminare in una scelta complessa come quella di un vino sia in un supermercato che in una enoteca che su una carta vini di un ristorante. E non è questione di tempi di crisi come quelli attuali: anche se non lo si vuole ammette il prezzo è ai primi posti delle nostre valutazioni di scelta sempre o quasi. Certamente viene prima della considerazione sulle denominazioni di origine o di tutela – si tratta di sigle e acronimi normalmente ignorati o non compresi e prima anche dei vitigni o dei territori – spesso ignorati o confusi con il nome del produttore.

Quali altri fattori sono così importanti da influenzare il consumatore?
Il colore: bianco o rosso – il rosato non è quasi mai contemplato, poi certamente la provenienza nazionale o territoriale, ma sono, queste ultime, considerazioni molto successive a quella fondamentale: il prezzo. È comunque questo l’indicatore percepito come più affidabile per approssimarsi al vino che si cerca sia che si tratti di un vino da regalare per fare bella figura sia che si tratti di un vino da usare con poco impegno. Poi subentra la capacità da parte del vino scelto di mantenere la promessa: parlo cioè della affidabilità, della sincerità. Se non ho trovato coerenza tra la spesa sostenuta e la qualità acquistata quel vino perde credibilità e non lo riacquisterò. Quindi la coerenza e l’affidabilità sono altri fattori importanti.

Tra questi, il tema etico ed ambientale e quindi l’essere ecologicamente responsabili quanto pesa?
Oggi la responsabilità verso l’altro: il mio prossimo, le generazioni future, l’ambiente, sono sensibilità molto diffuse: è giusto tenerne conto con sincerità e convinzione.

A livello di marketing, cosa consiglia alle aziende vitivinicole italiane in un momento di crisi come questo?
Coerenza, sincerità, determinazione.

Nell’ottica di un intento comune atto a valorizzare e consolidare il made in Italy enologico a livello mondiale, quali sono i doveri e le responsabilità dei grandi produttori e dei piccoli produttori?
Educare, spiegare, comunicare il vino, il vino italiano e la sua complessità e, ancora, pluralità. Ma farlo in modo graduale e, soprattutto, farlo insieme come parte di un fronte unico e sinergico: plurali e diversi ma uniti da alcuni valori condivisi.

 

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